Lucianna Argentino non è nuova al mondo della poesia. Autrice di svariate pubblicazioni, tocca numerosi temi con quell’esperienza in più che solo il vissuto e la pratica di vita possono dare. Ho avuto il privilegio di ascoltarla di persona, lo scorso 26 ottobre, alla presentazione della sua ultima silloge Le stanze inquiete (La Vita Felice 2018) di cui, brevemente, vi parlerò in questo articolo-recensione. La silloge conta circa cento pagine, ma vi assicuro che le poesie dell’Argentino si fanno divorare una dopo l’altra e questo non soltanto per lo stile semplice e quasi “narrato” che la poetessa utilizza, ma per l’autenticità e la veridicità dei contenuti, mai fuori luogo anzi, fortemente attuali ed umanizzati. In effetti, leggendo i versi di Lucianna, si nota una storicizzazione degli eventi: i suoi personaggi, chiamati per nome proprio perché conosciuti da lei stessa, attraverso il camice da cassiera che fa da passaggio – filtro ad una descrizione delle vicende che le vengono presentate attraverso le confessioni – parole dei suoi utenti giornalieri, acquistano un volto, una memoria storica, un “esserci” che, pagina dopo pagina diventa familiare e chiaro al lettore. I temi ascoltati alla cassa e riportati sotto poesia sono tanti e si ramificano in punte di commozione che scuotono il lettore fin nel profondo ma, specialmente, ci costringono a prendere atto dell’esistenza di una realtà che pulsa, una realtà brutale, cruda e scomoda ma che, inevitabilmente si presenta sul percorso di ognuno di noi. Dopo aver terminato la silloge, che ho preferito leggere lentamente e in silenzio, posso dire che non si è dinanzi ad un lavoro organico e ricco di umanità, ma si è dinanzi alla testimonianza di un phatos che spicca pienamente nell’autrice e nella sua capacità di darsi all’osservazione della vita e del prossimo con comprensione e con contegno, ma mai assenza. In conclusione, consiglio a tutti voi la lettura dell’opera le stanze inquiete, vi farà bene al cuore, alla mente e non vi sentirete più soli.
Recensione di Mariano Ciarletta
Paste alla crema e frutti di bosco
si materializzavano, senza che me ne accorgessi,
accanto al registratore della cassa.
Carmine, come uno spiritello buono,
me li lasciava lì per quando fossi riemersa
da quell'abisso in cui ogni bip mi conficcava.
E sapevano di sole e di pioggia improvvisa,
dell'aria fragrante sul viso e di libertà.
Per me, discreta, l'amicizia
vegliava su un tempo distratto.
Poesia
tratta dalla raccolta - Le stanze inquiete - di Lucianna Argentino - La Vita Felice
2018