lunedì 1 aprile 2019

Daniel Skatar, Collezione di dischi volanti, recensione di Mariano Ciarletta.







La poesia di Daniel Skatar, scrittore di versi e pluringuista, nasce dall’esigenza di selezionare la realtà, spesso con occhio tagliente e cinico, per restituirla poi al proprio mondo come un corpo alieno, come un messaggio venuto dall’interno per rendere il futuro più intellegibile.


Dall’estratto sopra riportato, facente parte della prefazione alla silloge Collezione di Dischi voltanti, curata dal poeta Antonio Bux, ci appare chiaro come la poesia di Daniel Skatar sia tutt’altro che semplice. Sfogliando la raccolta, assaporandola verso dopo verso, ci si accorge, infatti, dell’intensità che ne contraddistingue i versi, liberi, certo, ma allo stesso tempo, come sostiene il Bux, mossi “geograficamente” per una sorta di collocazione “sistematica”. Così, la poesia dello Skatar, inizia con la metafora dell’incontrarsi in cui, inevitabilmente, vi è un primo richiamo proprio a quei versi che egli tanto dispone con cura sul foglio bianco. Si potrebbe quasi percepire la “vuotezza” dell’incontro, una sorta di incompiutezza su cui  si regge il paragone di “righe svuotate” di lettere bagnate di arcobaleno e, in fondo, vien da chiederci: “cosa sono delle righe senza lettere? Il nulla o il tutto – assoluto, in attesa che l’inchiostro le renda mondo - percorso di vita. Un binomio dunque contrastante, un’antitesi marcata che ha, però, del meraviglioso: incontrarti/è come uno di quegli istanti di cui pentirsi/ righe,/svuotate di lettere,/bagnate di arcobaleno,/un abbraccio nudo, svestito di parole/. Preziosa è anche la riflessione che porta con sé la poesia Senno riguardo il peso delle parole, la loro congiunzione ai fatti che può rivelarsi cosa tanto determinante, quanto stupida: siamo tutti figli di uno stesso principio/ perché la stupidità in fondo è solo/ una questione di parole, /oltre che di fatti/. I versi di Daniel Skatar incontrano poi l’esigenza della libertà, forte è infatti il tema presentato nella poesia parlarci quand’è buio in cui la sapienza del poeta prende forma nella capacità descrittiva; egli dipinge, quasi a mo’ di ritrattista, una silenziosa seppur dolente Slovacchia: pace senza giustizia/respiro la tua oscurità/. Proseguendo poi con la sete dei secoli, in cui il poeta si presenta come una terra arida su cui, improvvisamente, il cielo svuota il secchio tanto atteso o forse inaspettato? – Il cielo svuota il secchio riversandoci/ addosso pesanti nubi cariche di versi. La poesia dello Skatar è dunque una poesia d’osservazione. Il poeta, in questo caso, non chiede di fare versi, non chiede di tramutare la realtà in scritto, ma è la realtà stessa ad imporsi e a tramutarsi in vissuto d’inchiostro ed ecco che, a questo punto, si arriva alle poesie più intime dell’autore: l’ufficio, la carta celeste, tuffo dal palco, calcolo mentale, fino alla stupenda tavolata di amici nell’aldilà: l’autista ci porta in un luogo bellissimo/credo che non sia più sveglio per cause naturali.

Recensione di Mariano Ciarletta


Tavolata di amici nell'aldilà

L'autista ci porta in un luogo bellissimo/credo
che non sia più sveglio per cause naturali 


Daniel Skatar, Collezione di dischi volanti, Rp Libri, febbraio 2019.