Il messaggio che la sensibile
poetessa cavese, Annamaria Apicella, affida al suo libro si ispira ad una
visione non nichilista, ma certamente pessimistica, di un pessimismo
esistenziale che solo alla fine apre spiragli di speranza. La viandante “apicelliana”
percorre il sentiero della vita immersa in un’atmosfera di sogno[1].
Condivisibili
in pieno le parole di Agnello Baldi che, nella prefazione alla raccolta della
poetessa Annamaria Apicella, traccia in vari punti un identikit e un racconto
del percorso che la viandante apicelliana
compie nel “susseguirsi d’inchiostro”. Il tracciato scelto da Annamaria è reso
chiaro dalla sua poesia, compagna indelebile e, a quanto leggiamo, forse sfrontata;
è lei, infatti, a spingere la poetessa a tornare verso sogni/ricordi lontani, in un qualsiasi momento della vita, senza
chiedere alcun permesso: E mentre un
bimbo/ attraversa la mia vita/rincorro ancora/sogni lontani. Ed ecco che il
sogno/ricordo provoca un connubio di
dolore-stupore e invade la mente della nostra viandante: E il ricordo cattura/squarciando il senso della mia vita. Il
ricordo è dunque il filo rosso conduttore che, accanto alla presa di realtà, la
reale consistenza dell’essere, dell’esserci e dell’osservare, caratterizza la
silloge: Affusolata/su panca scomoda/Tra
mani corrose dal tempo/ preci antiche. E ancora: Mangio bevo/ sequenze di frammenti/di secondi susseguimenti/ a
catastrofi interiori. Ciò che emerge con chiarezza è il fatto che Annamaria
Apicella nei suoi versi semplici e brevi sia padrona di una preziosa verità-nozione
di vita che spesso dimentichiamo. Dall’alto del suo vissuto emerge in un
silenzio fragoroso la caducità dell’uomo, tanto inevitabile quanto palpabile.
Il tempo è poi l’artefice di tutto il resto, esso scorre, depone e determina
scomparse: Ombre suoni/
disegnano/sagome/di uomini/scomparsi/nel tempo. E ancora: Pietre che/raccontano/ giorni antichi.
In questo procedere nel tempo, dal passato al presente, forte è la domanda che
la poetessa pone alla vita e all’uomo riguardo la capacità del sentire –
sentirsi: Passanti
frettolosi/incarcerati/da computer impazziti/Anime e animi/camminano/senza
essere/catturati. Veli al vento è dunque una silloge che, grazie all’osservazione
meticolosa dell’Apicella, prende vita e interagisce con il tempo, con i
ricordi, con i silenzi e con l’uomo ponendosi e ponendo al lettore uno dei
quesiti odierni più importanti: la ricerca dell’umanità e dello stare nel tempo
non come macchine ma come custodi di
ricordi.
Recensione di Mariano Ciarletta
Luci ombre
ombre luci
soffio di vita.
Quando gli occhi vedono
assaporo sottile alito
di vento
sul mio volto
solcato da rughe
di donna in cammino.
E attendo
che un bacio lontano
soffermi la sua orma
sulla fronte rigata
di una donna in cammino.
Annamaria Apicella, Veli al vento, i libridellaleda, Angri (SA) 2014.
[1] Agnello
baldi, La voce sofferta di una donna in
cammino,
in “Veli al vento” di Annamaria Apicella, Angri (SA) 2014, p.5.