Quando ci sono troppe porte davanti a
noi, è sempre arduo capire quali siano quelle giuste da aprire, o quell’unico
uscio da tentare. Gli elementi che ci distraggono sono numerosissimi, e sono
sassi che intralciano il cammino; sono figure geometriche dotate di un fascino
particolare, che attraggono e distolgono dall’andare. Questo
è ciò che leggiamo dalla quarta di copertina in cui è contenuta l’introduzione,
curata dallo stesso Giuseppe Vetromile,
alla sua raccolta Il Lato Basso del
Quadrato, nient’altro che una splendida metafora, richiamo del rigore
geometrico, che però non si basa su uno schema definito, un percorso schematizzato
o scontato. I temi che vengono riproposti dal Vetromile, invece, sono
caratterizzati non sono da un singolare spessore, ma da un aspetto che,
sintetizzando, potremmo definire quasi “plurimo”, un’analisi di quegli elementi
che, lo stesso autore, definisce come infiniti,
quotidiani, sovrabbondanti e ridondanti
e questo è un indizio chiaro di come il poeta avverta quella necessità pulsante
di tornare ad una reale purezza primigenia, libero da quei fatti che distolgono, confondono e impediscono le giuste valutazioni da
prendere nella vita. Il Lato Basso del Quadrato, dunque, potrebbe essere un
semplice punto di osservazione, una parte necessaria per comprendere, dal
basso, ciò che nella vita deve essere necessariamente osservato, ciò che
realmente preme, in positivo e in negativo, alla nostra conoscenza: La parte bassa del quadrato è un lato
sottilissimo/umile inerte/ e sta fermo dall’eternità delle legge/ a sorreggere
le sorti della buona geometria. E ancora, torna sempre quella meravigliosa
pluralità di temi ed ecco che, il lato basso del quadrato diventa, Per Giuseppe
Vetromile, qualcosa di altamente personale: La
parte bassa del quieto vivere o ancora la parte bassa di me è questa città nel
mio ventre/ recinta di indigesti gonfiori/ che più non vanno/ né su né giù/ e
soffocano in gola l’urlo del perbene. Altro tema presente è quello dell’eternità.
Il Vetromile, con schiettezza, dice di non essere mai riuscito a trattenere il
tempo e di pregare perché torni quell’attimo probabilmente non afferrato,
fuggito via: Non sono mai riuscito a
trattenere l’ora fra le mie mani/: sempre qualche minuto sgocciolava via
perdendosi irrimediabilmente nel mucchio delle ere/ e prego in continuazione/
che ritorni l’attimo indietro nel petto. Ma poi, ecco nell’autore il
maturare la triste e saggia consapevolezza del procedere inarrestabile del
tempo: Nessuno può enumerare/ nessun
nome/ nessuna alba. Altrettanto importante è la concezione del fato che
viene analizzata, con profonda maturità nella raccolta. L’autore è infatti
consapevole che il fato è parte integrante del suo percorso, sorpresa di vita,
ma anche riscossione e domanda di ciò che è stato fatto: il fato è dietro la porta a chiederci un’improvvisa baraonda/ che
scuota la nostra pelle come da campana solenne/ il suono diretto e caro ai
timpani/ e all’anima. Leggere la raccolta di Giuseppe Vetromile è dunque un
modo per capire la corretta posizione del “lato basso del quadrato”, un
collocarsi nell’osservazione e allo stesso tempo stare dentro e fuori al
percorso della vita.
Recensione di Mariano Ciarletta
Non entra la ragione in questo breve spazio di luce
cunicolo tra una preghiera e un altro affanno
non entra l’evidenza di un teorema euclideo
nel cerchio ambiguo della vita
: da una morte non si ricava l’equazione del cosmo
e il sogno continua all’infinito
come sparlando di questa verità di bocca in bocca
Ho con me una tabella
mia cara
per calcolarmi i passi esatti lungo il crinale
o lo sbattere giusto delle ali
verso il cielo
: così almeno l’illusione è perfetta
quanto la felicità di un’addizione
ma è tutto vano
:ho compreso il gioco della materia
in questi laterizi abbandonati
Nessun grido nessun dolore
: il paese finto giace
sotto gli occhi stupefatti
e continuiamo mia cara a credere
che tutto stia solo ora
ad iniziare
Giuseppe Vetromile, Il Lato Basso del Quadrato, La Vita Felice, Milano 2017.