mercoledì 2 gennaio 2019

Rito Mazzarelli, un posto che sia il tuo posto - RP Libri - Recensione di Mariano Ciarletta.






Come riuscire ad essere fedeli a un libro? Come costruirlo e poi, come abitarlo, viverlo?

C’è un forte odore di vissuto nei versi che scorrono da pagina 7 a pagina 45 della raccolta Un posto che sia il tuo posto: una predilezione per attimi fatti di ricordi e tessuti insieme in un intreccio di temi che, solo continuando a leggere la silloge, può essere chiaro. In primis vi è la nostalgia. Essa prende vita negli oggetti e nei ricordi che caratterizzano la poesia di Mazzarelli: Ma il bacio non mancato non tornerà/ Tagliuzzo la cipolla e piove, piove/il pane è raffermo/io rimango fermo. Si respira quasi una stasi in questi versi, eppure, forte è anche il senso di mobilità, quella voglia/non voglia di ritornare al passato e, allo stesso tempo, la presa di coscienza: “ormai la clessidra ha fatto il suo tempo”. Ciò lo si legge soprattutto in un verso dell’autore: una sorta di addio, un’infinita nostalgia. Ancora, ben radicato è il tema nostalgico, forse marcato da un desiderio di annullare le distanze. Il mare, proprio nella seconda poesia, viene visto come metafora/consistenza di desiderio ma allo stesso tempo come emblema di lontananza: Ammiro il mare da lontano/ si agita come un desiderio e ancora Odo il suono che racconta distanze/ in questa notte di passaggi a onde. Ma se la nostalgia è forte, a questa il Mazzarelli collega sapientemente il tema amoroso, non come rivelazione, non come salvezza, bensì come guida-compagno nel cammino della vita. Questo è ben chiaro quando il poeta scrive: il tuo amore/ unico faro nel cammino in cui, lo stesso cammino è probabilmente anche una salita, un arduo procedere e in cui: lì ogni macigno/diventa leggero/ di pensieri liberi. Forte, nella poesia di Rito Mazzarelli, è la convivenza con il silenzio e, precisamente, la presa di coscienza di come, proprio nel silenzio, avvenga il mutare delle cose, una metamorfosi senza preavviso: Nel silenzio la mia pelle si trasforma/il dolore la ridipinge con l’autunno. Ed ecco che, improvvisamente, sempre nello stesso componimento, questo si trasforma e diventa non più indice di metamorfosi ma quasi un peso insostenibile, una gabbia: Tra queste mura abita invece il silenzio assordante/mi sgomenta/non vedo più orizzonti/la mia realtà è distante a questi versi non possono non essere citati i successivi in cui l’autore brama probabilmente una liberazione vista-sperata in un evento naturale: il silenzio si ripete all’infinito/mentre aspetto un’eco che mi porti via con sé.

 Recensione di Mariano Ciarletta 






Un posto che sia il tuo posto

e continuare

un luogo tranquillo al riparo

dai giorni in bilico tra le mani

solo cicatrici.

Corre lo sguardo nei piani

più in alto

corpi abbracciati fumano nervosi.

Ora migliaia di battiti inseguono

una bocca dal sapore insolito

e dimentico.

Andrai, strade vuote

rifletteranno vetrate

colore pastello

luci perdute tra le pozzanghere.


Rito Mazzarelli, Un posto che sia il tuo posto, RP Libri, novembre 2018.

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