Come
riuscire ad essere fedeli a un libro? Come costruirlo e poi, come abitarlo,
viverlo?
C’è un forte odore di vissuto nei versi che scorrono
da pagina 7 a pagina 45 della raccolta Un posto che sia il tuo posto: una
predilezione per attimi fatti di ricordi e tessuti insieme in un intreccio di
temi che, solo continuando a leggere la silloge, può essere chiaro. In primis
vi è la nostalgia. Essa prende vita
negli oggetti e nei ricordi che caratterizzano la poesia di Mazzarelli: Ma il bacio non mancato non tornerà/ Tagliuzzo la cipolla e piove,
piove/il pane è raffermo/io rimango fermo. Si respira quasi una stasi in
questi versi, eppure, forte è anche il senso di mobilità, quella voglia/non
voglia di ritornare al passato e, allo stesso tempo, la presa di coscienza: “ormai
la clessidra ha fatto il suo tempo”. Ciò lo si legge soprattutto in un verso dell’autore:
una sorta di addio, un’infinita nostalgia.
Ancora, ben radicato è il tema nostalgico, forse marcato da un desiderio di
annullare le distanze. Il mare, proprio nella seconda poesia, viene visto come
metafora/consistenza di desiderio ma allo stesso tempo come emblema di
lontananza: Ammiro il mare da lontano/ si
agita come un desiderio e ancora Odo
il suono che racconta distanze/ in questa notte di passaggi a onde. Ma se
la nostalgia è forte, a questa il Mazzarelli collega sapientemente il tema
amoroso, non come rivelazione, non come salvezza, bensì come guida-compagno nel
cammino della vita. Questo è ben chiaro quando il poeta scrive: il tuo amore/ unico faro nel cammino in
cui, lo stesso cammino è probabilmente anche una salita, un arduo procedere e in
cui: lì ogni macigno/diventa leggero/ di
pensieri liberi. Forte, nella poesia di Rito Mazzarelli, è la convivenza
con il silenzio e, precisamente, la presa di coscienza di come, proprio nel
silenzio, avvenga il mutare delle cose, una metamorfosi senza preavviso: Nel silenzio la mia pelle si trasforma/il
dolore la ridipinge con l’autunno. Ed ecco che, improvvisamente, sempre
nello stesso componimento, questo si trasforma e diventa non più indice di
metamorfosi ma quasi un peso insostenibile, una gabbia: Tra queste mura abita invece il silenzio assordante/mi sgomenta/non
vedo più orizzonti/la mia realtà è distante a questi versi non possono non
essere citati i successivi in cui l’autore brama probabilmente una liberazione
vista-sperata in un evento naturale: il
silenzio si ripete all’infinito/mentre aspetto un’eco che mi porti via con sé.
Recensione di Mariano Ciarletta
Un posto che sia il tuo posto
e continuare
un luogo tranquillo al riparo
dai giorni in bilico tra le mani
solo cicatrici.
Corre lo sguardo nei piani
più in alto
corpi abbracciati fumano nervosi.
Ora migliaia di battiti inseguono
una bocca dal sapore insolito
e dimentico.
Andrai, strade vuote
rifletteranno vetrate
colore pastello
luci perdute tra le pozzanghere.
Rito Mazzarelli, Un posto che sia il tuo posto, RP Libri, novembre 2018.
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