Alla riscoperta delle nostre radici
Attualità,
antichità, continuità: concetti posti molto spesso alla nostra attenzione che
pur sembrando apparentemente in contrasto rivelano un legame profondo, sintesi
di armonia che va sotto il nome di “classico”. Lungi
dall’arrivare a definizioni troppo
inclusive o esclusive dell’idea di “classico”, preferirei considerare esso con
un’immagine di un modo verbale, il Modo Indicativo esprimente realtà, certezza,
concretezza, coniugato nel tempo “passato prossimo” che, come è noto, indica per definizione non qualcosa di
definitivamente concluso ma il risultato nel presente di un’azione passata e di essa ne è diretta e naturale conseguenza.
Un classico dunque è a mio avviso una sintesi perfetta di un presente che accade, hic et nunc, e di un
passato che è espressione emblematica
di continuità : i sentimenti, le
emozioni, le gioie, i tormenti dell’animo umano non sono gli stessi per ognuno
di noi nonostante il trascorrere di un tempo edace che tutto porta con sé e segna
incondizionato nella sua meccanicità l’inizio e la fine di ogni cosa?
Sono
uomo e tutto ciò che è umano mi appartiene e mi rende tale, diceva l’autore
latino Terenzio. Non c’è nulla di più
umano, di più attuale, di più vivo che
ritrovare i propri sentimenti in quelli espressi nei versi monumentali di Catullo, di Ovidio, di Anacreonte e rievocare con la mente e sentire col cuore
immagini intrise di una straordinaria grandezza che sa di vita. La lirica di
Saffo ne è un esempio evidente. Una donna, la poetessa di Lesbo, vissuta tra il
VII e il VI secolo a.C. e stimata già dagli antichi per la sua straordinaria
lirica oggetto di imitazione e modello di sublime.
Una
figura da inquadrare sicuramente nella realtà storica e culturale del suo tempo
in cui le donne aristocratiche erano inviate in comunità per essere preparate
ed educate alla futura vita matrimoniale ma pur sempre una donna che, come
tutte, ha vissuto, ha sentito e dunque ha compreso che l’amore non è “un
affare” semplice, che esso ora è pronto a mostrare il suo lato tenero e dolce,
ora il suo lato più buio e doloroso di
conseguenza all’abbandono, al tormento dell’imminente separazione e all’amarezza
di non essere ricambiati , che la sofferenza provoca solitudine e si carica dei silenzi di un paesaggio notturno,
che un cuore affranto dal dolore si
affida a un aiuto anche divino. A chi non è capitato di provare quella sintomatologia
amorosa, il tremolio, l’incapacità di parlare, il sentirsi sul punto di
svenire? È una voce, quella di Saffo,
che parla in nome di una comunità a cui appartiene e che rappresenta, ne
evidenzia i valori e gli ideali, ne racconta i lussi e sembra cercare risposta
agli interrogativi dell’esistenza.
Leggere
dunque i frammenti del suo cuore e rimetterne insieme i pezzi sulla base dell’
umano sentire è riscoperta di un’ attualità incredibile che invita a riflettere
sulla natura dei sentimenti e sull’intramontabilità del loro valore ma soprattutto ci pone di fronte a un
consapevole senso di appartenenza a una donna che ha fatto del suo sentire
poesia e della sua sublime parola “garanzia di immortalità”.
Di Nunzia Iannone
- Avrei davvero voluto morire
- quando lei mi lasciò in affannoso pianto
- tra molte cose dicendomi ancora:
- "Come soffriamo atrocemente, Saffo,
- io ti lascio contro il mio volere."
- Ed io a lei rispondevo:
- "Va' serena e di me serba il ricordo.
- Sai quanto ti ho amata.
- Se mai tu lo dimenticassi, sempre
- io ricorderò i bei momenti che vivemmo.
- Quando di corone di viole
- e di rose e di croco, accanto a me
- ti cingevi il capo gentile,
- e mettevi intorno al collo
- ghirlande intrecciate di fiori.
- E cosparsa di essenze profumate
- sul morbido letto ti saziavi,
- né mai vi furono danze
- nei sacri boschi a cui fossimo assenti.
Saffo, frammenti.
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