L’opera
di cui vi parlerò oggi è la raccolta Il
Candore e il Vento del poeta e scrittore campano Carlo di Legge. Elemento
base è la semplicità dei versi che il
poeta sceglie come pilastro per dialogare con il lettore. L’abilità di Carlo di
Legge, infatti, sta nel “raccontarsi” e automaticamente nel raccontare i
piccoli aneddoti e forse i vissuti (?), sia antichi che recenti, che i suoi
occhi hanno visto e i suoi piedi percorso. Meravigliosa, nonché di spessore, è
dunque l’apertura alla raccolta con la poesia Preludio Notturno in cui l'autore rappresenta, con innata
capacità descrittiva, il poeta che prende forma-vita nella notte: è proprio nel “notturno”,
infatti, che il poeta sceglie la poesia come arte per rinnovare, fin da subito,
una promessa d’amore: Hai detto: sarebbe
meglio separarci adesso./ Ma ora/che l’amore ci avvolge, come avremmo/potuto
sottrarci? I versi, dunque, narrano quell’incapacità, forse quell’inettitudine
dell’essere umano a dir di no al dominio e al controllo del sentimento perché,
sempre seguendo le parole del Di Legge: ciò
che è prezioso e deve nascondersi./ Conservalo: un invito palese a non ad
andare oltre, ad ignorare nel notturno ciò che si sente, ma a renderlo
professione di fede conservandolo giorno per giorno fino al sorgere del sole.
Eppure, nel componimento che segue si legge, nuovamente, una resistenza al sentimento amoroso, un non
credere forse al ricambio-scambio da parte della persona amata: Mi dissi che m’ingannavo, non poteva essere,
e mi proposi di/ non amarti. E decantai la tua piccola figura per tutta l’estate
nella/chimica contraria dei miei pensieri. Ma anche qui, la resistenza
amorosa, il castrum difensivo
costruito dal poeta crolla e gli argini vengono meno quando egli scrive: Mi accampo presso di te/ e trascorro i
giorni in attesa d’un segno. Ancora, l’attesa-richiamo continua quando leggiamo
nella poesia Amore: sapessi come ti chiamo, e sei presente alla/
mia giornata. Sconto un attimo della tua vicinanza/ con tante eternità di
lontananza. Il tema dell’eternità è dunque un altro tassello prezioso nel
gioco interpretativo della poesia di Carlo di Legge, una sorta di fattore
garante che pone sì dei limiti ma che, appare chiaro, sono stati già violati,
oltrepassati dalla figura della persona amata: Se tu fossi ai confini dell’universo, non amerei che te./Se fossi nata
da secoli o non ancora fossi,/attraverso il tempo di raggiungerei. Non
possiamo fare a meno di notare come, in questa raccolta, la superiorità dell’amore
sia schiacciante rispetto agli elementi naturali citati, in quanto, lo stesso
autore, presenta la tematica amorosa
come un vincolo sacro contro cui,
anche le forze più potenti della natura (tempo e spazio) non possono nulla: il
ricordo rimane vivido, la pulsazione autentica. Così il filo rosso si ripropone
nella altre poesie della raccolta ben accompagnato da tanti temi che l’autore
introduce e descrive con singolare attenzione: essa è nel ricordo di un volto,
nella poesia L’attesa, in un posto
che esprime solitudine durante un percorso: Il
Posto Vuoto.
Recensione
di Mariano Ciarletta
Hai detto che sarebbe meglio separarci
adesso. Ma ora
che l’amore ci avvolge, come avremmo
potuto sottrarci? Perciò
abbi cura anche tu
di ciò che è prezioso e deve nascondersi.
Conservalo,
come se un giorno dovesse sorgere nel
sole:
è forte, sa volare alto e vede
meglio di noi.
Carlo di Legge, Il candore e il vento, oxp orientexpress, Napoli 2008.
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